Due novità positive in merito alla fruizione del Superbonus: la possibilità di sostituire i documenti urbanistici con prove indirette e la possibilità di fruire del Superbonus per i tetti anche su vani non riscaldati

I documenti urbanistici sono irreperibili? Possibile sostituirli con prove indirette

Il Tar Lazio (sezione staccata di Latina) con sentenza pubblicata il 19/12/2020, ha risolto un dubbio che rendeva in alcuni casi difficile l’applicazione del Superbonus 110%, spianando la strada alla recente modifica del Dpr 380 (articolo 9-bis, comma 1-bis).

Cittadini e pubbliche amministrazioni si trovano spesso alle prese con documenti perduti o non reperibili. Il problema diventa particolarmente attuale con le modifiche alle norme urbanistiche (articolo 9-bis, Dpr 380/2001) che disciplinano l’accertamento dello stato legittimo dell’immobile quando non è possibile reperire autorizzazioni, licenze, concessioni, permessi.
Una soluzione arriva quindi dal Tar di Latina, che chiarisce cosa accade quando il Comune non è in grado di reperire propri atti.
Nel caso specifico affrontato dal Tribunale Amministrativo, si discuteva di un impianto fognario pubblico, del quale risultava smarrito il progetto, seppur risalente a poco più di 10 anni. Secondo i giudici, va applicato il principio secondo il quale non si può pretendere l’impossibile, e in conseguenza non si può imporre al Comune di esibire documenti che l’amministrazione stessa dichiari distrutti o comunque irreperibili.

Lo stesso principio può essere invocato dai privati, tutte le volte che, nelle pratiche edilizie, occorre stabilire la legittimità di interventi risalenti a diversi decenni prima. Calamità, incendi, alluvioni, ma anche solo disordine possono ostacolare importanti interventi quali i benefici del 110% ed i vari bonus, che esigono asseverazioni circa la regolarità edilizia.

Ora che il Tar Lazio ha sdoganato il principio dell’impossibilità di ottenere documenti non reperibili, anche il privato può invocare lo stesso principio e ricorrere a prove indirette, applicando l’articolo 9-bis, comma 1-bis del Dpr 380/2001.
Tale norma prevede che per gli immobili realizzati in un’epoca in cui non era necessario il titolo edilizio (in genere, ante 1942), si presume esistente (e legittima) la situazione che risulti dai dati catastali di primo impianto o da altri generici documenti, quali fotografie, estratti cartografici, documenti d’archivio o ogni altro atto pubblico o privato. Bastano quindi anche documenti che indirettamente consentano di risalire ad altri documenti, dando un “principio di prova”, per ricostruire l’esistenza di un titolo abilitativo. Bastano rogiti, documenti fiscali, ricevute di pagamenti a PA o anche semplici contratti che riportino gli estremi o dati dai quali desumere l’esistenza di un’attività edilizia in un’epoca in cui non era necessario un permesso (come nelle zone agricole ante 1967).
Quindi, come il Comune non è responsabile della custodia dei propri documenti, se dimostra di aver fatto tutto il possibile per custodirli e reperirli (Tar Milano 1245/2020), anche il privato può utilizzare elementi indiretti per dimostrare l’epoca e la consistenza di una costruzione.

Un’altra via di uscita per ottenere i vari bonus fiscali ed agevolare i trasferimenti immobiliari (articolo 34-bis, comma 3, Dpr 380/2001) può essere la richiesta di una Scia relativa all’agibilità.
Per l’articolo 24, comma 7-bis, Dpr 380/2001 è infatti possibile, anche indipendentemente da lavori, presentare una “segnalazione” per gli immobili che, legittimamente utilizzati, siano privi di agibilità ma in possesso dei requisiti (igienico sanitari) che saranno definiti da vari ministeri. Poiché l’agibilità incorpora anche la conformità edilizia, con una Scia tacitamente formatasi il privato potrà rimediare a difficoltà istruttorie, assumendosi la piena responsabilità circa le caratteristiche del bene.
In caso di errori e gravi inesattezze, la Scia potrà essere annullata dall’amministrazione; ma se l’amministrazione non esprime dissenso, molti passaggi amministrativi che qualificano un bene come legittimo potrebbero essere desunti dalla Scia presentata dai privati.

 

Superbonus e tetti, sì all’isolamento anche su vani non riscaldati

La legge di Bilancio modifica i criteri per agevolare con il 110% la coibentazione delle superfici di copertura: maglie più larghe perché non è più rilevante il tipo di volume ricoperto. Pesano le differenze con l’ecobonus

Superbonus applicabile anche ai tetti che delimitano sottotetti non riscaldati, ma che non siano definibili «un’intercapedine». La legge di Bilancio (legge 178/2020) introduce alcune sostanziali novità in materia di detrazioni. Tra queste, l’articolo 1 comma 66 integra quanto previsto dall’articolo 119 del decreto Rilancio, disponendo che gli interventi volti a coibentare le superfici di copertura siano sempre agevolati, indipendentemente dal fatto che racchiudano o meno un volume riscaldato.
Viene, infatti, introdotto il principio per cui le azioni volte alla «coibentazione del tetto rientrano nella disciplina agevolativa, senza limitare il concetto di superficie disperdente al solo locale sottotetto eventualmente esistente».
Trattandosi di una modifica al Dl Rilancio, dovrebbe seguire la logica applicativa di quanto previsto dagli interventi che fruiscono del super ecobonus: essa dovrebbe applicarsi, pertanto, anche per gli interventi già iniziati e non ancora conclusi, per i quali devono essere ancora trasmessi i documenti di fine lavori e le relative asseverazioni tecniche.

Il provvedimento però, non fa esplicito riferimento agli interventi previsti dall’articolo 14 del Dl 63/2013 (ecobonus ordinario) e, quindi, non è a questi automaticamente applicabile: al di fuori del 110%, resta quindi valida una Faq dell’ENEA (n. 6B), che distingue tra tetto “caldo” e tetto “freddo”. Secondo l’ENEA, infatti, sono detraibili le spese sostenute per coibentare il tetto, benché confinante con una zona non riscaldata (il cosiddetto “tetto freddo”), soltanto se il sottotetto è non abitabile o addirittura non praticabile e di dimensioni tanto esigue da potersi considerare un’intercapedine facente tutt’uno con la copertura e con il solaio orizzontale (che deve delimitare una zona sottostante riscaldata). In tal caso, è necessaria una specifica asseverazione di un tecnico che garantisca che il sottotetto formi un corpo unico con tetto e solaio: la detrazione (pari, ancora per il 2021, al 65% da ripartire in 10 anni) si potrà ottenere se la prestazione energetica del sistema copertura-sottotetto-solaio sarà inferiore agli specifici valori massimi di trasmittanza previsti dal decreto Requisiti.
La legge di Bilancio 2021 introduce sicuramente una semplificazione: consente l’applicazione del superbonus anche per quei tetti delimitanti sottotetti non riscaldati ma non definibili “un’intercapedine” e, magari, non altrimenti coibentabili.

Tuttavia, la dizione introdotta è molto generica, e potrebbe agevolare con il 110% anche interventi che non garantiscono un risparmio energetico: al di là del complessivo salto di due classi energetiche, non viene, infatti, richiesto alcun requisito né per l’edificio né per la zona sottostante il sottotetto. Pare quindi un’integrazione tesa ad agevolare interventi di manutenzione straordinaria delle coperture a falde: questo, però, è un intervento che, opportunamente progettato con valenza strutturale, è già incentivabile in zona sismica 1, 2 e 3 tramite il superbonus sismico. Non si comprende la ragione tecnica di creare una differenza sostanziale nella riqualificazione del tetto tra super ecobonus ed ecobonus, trattandosi dello stesso intervento: molto meglio sarebbe forse stato introdurre la modifica direttamente nel Dm Requisiti, per garantire una coerente e omogenea applicazione sia in ambito superbonus che con riferimento all’ecobonus tradizionale, il quale, ricordiamo, resta appetibile per le imprese ed i professionisti anche su edifici non abitativi.

Analoga collocazione, a nostro avviso, avrebbe meritato la nuova previsione (comma 1-quater dell’articolo 119) secondo cui accedono al 110% anche gli edifici privi di attestato di prestazione energetica perché sprovvisti di copertura, di uno o più muri perimetrali, o di entrambi, purché al termine degli interventi raggiungano una classe energetica in fascia A. Anche per questa fattispecie riesce difficile giustificare il via libera al superbonus, ma il “disco rosso” al 65% previsto dall’articolo 14 del Dl n. 63/2013, con l’unica eccezione dei fabbricati accatastati come F/2 (collabenti), che devono comunque essere dotati di impianto di riscaldamento funzionante o riattivabile.