Il Piano Transizione 5.0 si farà: la Commissione UE ha approvato la proposta italiana di revisione del PNRR con l’integrazione dei fondi del programma RePowerEU, al cui interno sono previsti 6,3 miliardi di euro per il piano Transizione 5.0 per il biennio 2024-2025.

Questi fondi si aggiungeranno a quelli già assegnati per il piano Transizione 4.0 dalla legge di bilancio dell’ultimo governo Draghi, che per il periodo 2024-2026 ammontano a poco meno di 5 miliardi.

Nei documenti della Commissione si descrivono le linee generali del piano, mentre per i dettagli occorrerà attendere i testi predisposti dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

In questo articolo vedremo tutti i punti fermi e i nodi che la normativa sarà chiamata a sciogliere.

 

I punti fermi del Piano Transizione 5.0

Il Piano Transizione 5.0 rappresenta una svolta strategica per l’innovazione e la digitalizzazione del Paese in un’ottica green. Attraverso un insieme di misure e incentivi, il piano mira a stimolare la transizione verso un’economia più sostenibile ed efficiente sotto il profilo energetico e ambientale, promuovendo al contempo l’adozione di nuove tecnologie e soluzioni innovative. L’obiettivo è tracciare una rotta chiara per le imprese italiane – indipendentemente dalle dimensioni o dal settore di appartenenza – che intendono affrontare le sfide del futuro con strumenti all’avanguardia e soluzioni digitali avanzate.

 

Le linee generali

Il piano Transizione 5.0 promuove investimenti in beni e attività che producano risparmi energetici o aumentino l’efficienza energetica. Non si tratta quindi di una misura dedicata al più ampio aspetto della sostenibilità, ma solo alla componente strettamente legata al consumo di energia. La ragione di questa limitazione è dovuta all’origine dei fondi: come è noto, il programma RePower EU nasce con l’obiettivo di liberare l’UE dalla dipendenza dalle fonti energetiche russe e promuovere la transizione dall’utilizzo di fonti energetiche fossili a quelle rinnovabili, puntando su una riduzione significativa delle emissioni di CO2.

Il programma prevede la promozione di fonti energetiche verdi, ma anche l’introduzione di tecnologie innovative per l’efficienza energetica e l’implementazione di infrastrutture adeguate. Finanzia quindi misure dirette a strutture e infrastrutture che consentano di aumentare la generazione di energia da fonti rinnovabili, di risparmiare sui consumi energetici e di efficientare i sistemi produttivi. Il piano Transizione 5.0 con i suoi 6,3 miliardi rappresenta oltre la metà della quota italiana del programma RePowerEU.

L’obiettivo del piano – si legge nel documento della Commissione – è aumentare l’efficienza energetica e implementare l’autoproduzione di energia rinnovabile nelle imprese, portando a un risparmio cumulativo di 0,4 Mtep nei consumi energetici nel periodo 2024-2026.

 

Le risorse

Il finanziamento a valere sulle risorse del piano RePowerEU è di 6,3 miliardi e prevede tre linee di intervento:

  • 3.780 milioni per la parte dedicata all’efficientamento energetico ottenuto tramite investimenti in beni “4.0”;
  • 1.890 milioni per stimolare gli investimenti volti ad autoconsumo e autoproduzione;
  • 630 milioni (il 10% del totale) per la formazione.

 

Il rapporto con il piano Transizione 4.0

Il piano Transizione 5.0 consentirà di avere aliquote maggiorate rispetto al piano Transizione 4.0. Quanto già definito dall’attuale Transizione 4.0 continuerà a promuovere (con le aliquote attuali del credito d’imposta che arrivano fino al 20%) l’acquisto di beni conformi al paradigma dell’industria 4.0. Transizione 5.0 incentiverà in aggiunta quegli investimenti in beni e attività sempre 4.0, ma che producano risparmi energetici o migliorano l’efficienza energetica.

 

Attività e investimenti incentivati

Il Piano Transizione 5.0 prevede crediti d’imposta relativi alle spese sostenute tra l’1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2025 dalle imprese che investiranno in una delle seguenti tre attività:

  • acquisto di beni strumentali materiali o immateriali 4.0
  • acquisto di beni necessari per l’autoproduzione e l’autoconsumo da fonti rinnovabili (escludendo le biomasse)
  • spese per la formazione del personale in competenze per la transizione verde.

Queste attività dovranno produrre risultati misurabili in termini di efficienza energetica o risparmio energetico. E l’intensità del beneficio fiscale aumenterà in base ai miglioramenti raggiunti.

 

I parametri

Il Piano Transizione 5.0 prevederà aliquote (almeno tre) legate a due possibili benefici: un risparmio energetico ottenuto nei processi target non inferiore al 5% rispetto ai consumi precedenti per gli stessi processi; una riduzione del consumo finale di energia di almeno il 3%. Di fatto questo secondo target sarà verosimilmente quello richiesto agli investimenti che impattano sui consumi complessivi finali dell’impresa.

 

Le certificazioni ex ante ed ex post

Per essere ammissibile, il progetto deve essere certificato “ex ante” e soddisfare i criteri di ammissibilità relativi alla riduzione del consumo totale di energia. Successivamente, una seconda certificazione “ex post” dovrà confermare l’effettiva realizzazione degli investimenti in conformità con le disposizioni della certificazione ex-ante.

 

I punti da chiarire

Come abbiamo visto il Piano Transizione 5.0 è delineato nelle sue linee generali: per gli elementi di dettaglio interverrà direttamente il MIMIT con apposito decreto. Qui di seguito vediamo alcuni aspetti importanti su cui saranno fornite maggiori indicazioni.

Le aliquote

Il primo dubbio è quello delle aliquote. In base alle anticipazioni ufficiose fornite dal MIMIT, le aliquote massime dovrebbero arrivare al 40%, inclusa la parte già esistente (che arriva fino al 20%), ci si attende che l’aliquota addizionale della componente 5.0 sarà del 20%. D’altra parte dovranno esserne previste almeno altre due inferiori, questo almeno per quanto riguarda il capitolo relativo agli investimenti in beni strumentali. Il discorso (e le aliquote) dovrebbero essere diverse per quanto concerne le linee dedicate all’autoproduzione e autoconsumo e alla formazione.

Il capitolo formazione

Al capitolo della formazione sono dedicati 630 milioni, pari al 10% del totale. Sarà da verificare se questo sarà un incentivo indipendente da quello per gli investimenti, quali saranno le spese coperte, se includeranno anche quelle relative alle tecnologie 4.0 abilitanti e infine se il sistema sarà sempre quello del credito d’imposta.

Misure automatiche “certificate”

Come abbiamo visto, il meccanismo prevede una doppia certificazione, una prima di effettuare l’investimento e una a investimento effettuato. Una possibile configurazione concreta di queste due attività potrebbe essere la seguente: la certificazione ex ante dovrebbe limitarsi a valutare le caratteristiche tecniche dell’investimento previsto e i possibili benefici rispetto all’assetto attuale di consumi dell’azienda o dello specifico processo aziendale. Per consentire l’automatismo della misura, l’ipotesi è che il ministero predisponga dei modelli piuttosto semplici per questo tipo di certificazione, nonché un elenco chiaro dei soggetti titolati a eseguire la certificazione (per intenderci che non si debba creare un nuovo albo, altrimenti le tempistiche per l’avvio dell’incentivo potrebbero essere lunghe). Questa prima attività dovrebbe consentire di fatto di prenotare l’incentivo. La seconda certificazione (quella ex-post) invece dovrebbe essere quella che attesta l’effettivo conseguimento dei risultati previsti e che dà quindi effettivamente titolo alla fruizione dell’incentivo.

Le tempistiche

Un fattore di assoluta rilevanza è legato alle tempistiche di avvio dell’incentivo. Come abbiamo visto, questo incentivo dovrebbe coprire il biennio 2024-2025 e partire già dal 1° gennaio del prossimo anno. Perché ciò possa verificarsi, dovremmo avere il provvedimento normativo entro la fine di quest’anno o nella legge di bilancio o in un provvedimento separato tramite decreto legge.

L’alternativa è che si arrivi all’emanazione del decreto all’inizio del prossimo anno, con la possibilità di fruire dell’incentivo anche per gli investimenti avviati in precedenza e cioè dal 1° gennaio 2024.

Connesso a questo tema c’è quello dei decreti attuativi. Solitamente disposizioni normative di questo tipo non prevedono tutti i dettagli della misura, ma li mandano a decreti ministeriali o direttoriali la disciplina degli aspetti di dettaglio. Le tempistiche per l’adozione di questi decreti sono in genere di almeno 30, 60 o 90 giorni. Va da sé che se avessimo il decreto legge a inizio 2024 e i provvedimenti attuativi solo a marzo aprile rischieremmo di perdere alcuni mesi preziosi.

In tal senso ci si attende pertanto massima tempestività, non soltanto per le imprese fruitrici, ma anche per lo stesso Governo per riuscire a mettere a terra tutti i 6,3 miliardi entro la fine del 2025

 

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