Dopo anni di gestazione – una quindicina – il nuovo Codice della crisi, approvato all’inizio di quest’anno, diventerà operativo nell’estate del 2020. Si tratta, né più né meno, di un sistema di allerta per le situazioni di crisi. Un meccanismo di allerta basato su indicatori fissati a livello nazionale, diversi a seconda dei settori, a partire dal patrimonio netto negativo. Un sistema, quindi, che rischia di sostituirsi meccanicamente alla responsabilità dei sindaci e revisori, imponendo una procedura automatica di valutazione del rischio per la gestione della crisi, svincolata da ogni tipo di analisi individuale. Ciò significherà, per le imprese, affrontare i costi necessari per dotarsi di sistemi di gestione e controllo del rischio e sottostare ad ulteriori obblighi organizzativi finalizzati a rilevare tempestivamente i segnali di crisi.

Le imprese coinvolte dal nuovo procedimento sono le società di capitali che per due anni consecutivi abbiano registrato uno di questi tre parametri:

  1. un fatturato superiore ai 4 milioni di euro;
  2. un attivo patrimoniale inferiore ai 4 milioni di euro;
  3. più di 20 dipendenti.

Abbiamo parlato di costi per adempiere a questo nuovo obbligo: Cerved ha stimato questi ultimi attorno ai 15-20 mila euro all’anno. Il doppio per le medie imprese. Lo stesso Cerved ha stimato anche i benefici delle nuove procedure, in termini di risoluzione anticipata delle crisi o di tutela del valore dei cespiti di imprese in crisi definitiva, ma mentre i costi saranno certi, i benefici no, dipendendo dalla concreta applicazione delle nuove norme, che è tutta da verificare e che dipenderà in larga misura da come i professionisti coinvolti vorranno interpretare, in maniera più o meno formalistica, il loro ruolo rispetto ai responsi di un sistema presuntivo. Difatti, i revisori potranno discostarsi dai risultati predittivi, ma dovranno darne motivazione assumendosene la responsabilità.

Una responsabilità alla quale CNA non si sottrarrà: i consulenti dell’Associazione sono già pronti (basta rivolgersi alle sedi) per fornire tutta l’assistenza del caso a costi per quanto possibili contenuti e comunque ben lontani da quelli ipotizzati da Cerved.

In tutti i casi, in un momento di congiuntura negativa come quella attuale, imporre costi di questa portata, specie alle PMI che già non sono attrezzate in tal senso, non migliora la produttività, e anzi rischia di peggiorarne la situazione reddituale ed economica. In altre parole, il rischio è quello di contribuire a innescare quella malattia che la medicina preventiva avrebbe voluto evitare.

Quello che CNA cercherà di fare è di trasformare questo costo in un investimento, intervenendo in modo da favorire ed economizzare l’intero processo di gestione aziendale. Ciò significa, però, studiare caso per caso, non certo limitarsi ad applicare regole automatiche, uno dei rischi connessi all’applicazione semplicistica del nuovo codice.