“La prima casa va liberata dal fisco e il progetto del Presidente del Consiglio coglie il centro del bersaglio. Mentre ci rallegriamo, non possiamo tuttavia non ricordare che la medaglia d’oro dell’incremento della tassazione sugli immobili, rispetto alla vecchia ICI, va agli immobili strumentali delle imprese. Per questo motivo la riorganizzazione della tassazione locale, cioè la nuova “service tax”, dovrà dare una risposta chiara e consistente anche alle imprese”. Lo afferma un comunicato della CNA.

“Insieme al taglio dell’ IRES – prosegue la nota – per dare risposte, immediate e tangibili, anche al mondo delle partite IVA che reinvestono gli utili nella propria impresa, bisogna introdurre la nuova IRI, arrivando a una tassazione proporzionale, molto bassa, per chi lascia gli utili nell’impresa.”

Negozi e botteghe, nel 2014, hanno registrato aumenti che hanno superato il 150%. IMU e TASI hanno portato ai Comuni quasi due miliardi di euro. I laboratori artigiani hanno subito aumenti medi superiori al 117%. Una tassazione di 473 milioni di euro. Gli stessi immobili, nel 2011, pagavano 217 milioni di ICI”.

“Gli aumenti medi registrati su tutti gli immobili produttivi sono stati superiori al 105%. Un incremento, rispetto al 2011, di quasi 5 miliardi di imposte”.

“Ma l’IMU sugli immobili strumentali è ancora più ingiusta – sottolinea la nota della CNA – se consideriamo che gli immobili delle imprese subiscono un ulteriore tassazione attraverso la quasi totale non deducibilità dell’IMU dal reddito d’impresa e dall’IRAP. Un ulteriore prelievo sulle imprese pari a quasi 600 milioni di euro”.

“Non è più rinviabile una risposta chiara: occorre tagliare l’IMU sugli immobili strumentali delle imprese o, come percorso alternativo, arrivare alla deducibilità completa di questo del tributo comunale dal reddito d’impresa e dalla base imponibile IRAP. Le imprese non possono più pagare IRPEF, IRES ed IRAP, su un tributo percepito da tutti come ingiusto, perché applicato a un immobile produttivo e non patrimoniale”.

“Anche la TARI, in troppi casi, – conclude la nota – ha determinato aumenti rispetto al 2011. Su negozi e botteghe abbiamo calcolato incrementi del 278% come a Reggio Calabria, del 117% a Messina e del 108% a Novara. Sui laboratori artigiani si sono registrate punte del 315% ad Avellino e del 242% a Reggio Calabria. Inoltre molti Comuni, nonostante le norme e le chiare interpretazioni del MEF, continuano ostinatamente a pretendere il tributo anche per le aree sulle quali si paga già lo smaltimento dei rifiuti speciali . Una vera e propria doppia imposizione”.

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