Anche se la moda sta attraversando una crisi importante, resta uno dei settori trainanti per l’economia italiana ed emiliano romagnola.

Uno dei problemi che però deve superare per puntare ad un rilancio è quello del credito: troppe le aziende in sofferenza e sottocapitalizzate secondo gli Istituti di credito, poca l’attenzione verso i progetti delle imprese che chiedono di essere finanziate secondo gli imprenditori. Dunque quello che occorre è una sorta di “armistizio” tra banche e imprese della moda, la necessità di sedersi ad un tavolo e trovare insieme le soluzioni e le opportunità che portino le banche ad affiancare le aziende della moda, anche in forma aggregata, sui mercati nazionali e soprattutto esteri. Una strategia condivisa da Cna che lavorerà perché si possa realizzare concretamente.

Sono questi i principali temi usciti dal convegno “La finanza che investe nella moda” che si è svolto lo scorso venerdì 24 luglio a Riccione nell’ambito della manifestazione “Riccione Moda Italia”.
A fare un quadro della situazione del settore moda è stato Franco Mosconi, professore di economia industriale all’Università di Parma. Analizzando l’Osservatorio nazionale dei distretti, Mosconi ha rilevato come sui 100 distretti censiti più di un terzo, 37, fanno capo al sistema moda, che è il primo in assoluto. L’Emilia Romagna di distretti moda ne ha “solo” due, Carpi per il tessile e San Mauro Pascoli per la calzatura, ma analizzando il loro valore si scopre come questi esportino per 6 miliardi di euro, ovvero un export di gran lunga più elevato di quello delle piastrelle che è una delle più importanti eccellenze della regione.

La moda a livello nazionale occupa il terzo posto in base al valore aggiunto prodotto e, tenendo conto che la meccanica in tutte le sue specializzazioni vale quasi il 50% del valore aggiunto del manifatturiero italiano, la moda col 9.3% è preceduta solo dall’alimentare con l’11,1% oltre che appunto dalla meccanica.

Questi sono stati anni duri, molte aziende hanno chiuso, ha aggiunto Mosconi, però l’industria della moda resta “una gran bella industria” oltre ad essere un valore assoluto per il Made in Italy. Certo, ha concluso Mosconi, l’impresa della moda che è soprattutto di carattere familiare, deve aprirsi a capitali e competenze esterne, deve diversificare le fonti di finanziamento per patrimonializzarsi e innovare.
“E’ inutile nasconderselo – è poi intervenuto Luca Lorenzi, Presidente Abi Emilia Romagna – il settore della moda è uno di quelli più in difficoltà dal punto di vista finanziario, le sofferenze sono passate dal 15,8% del 2011 al 26,4%. Però sono convinto che chi ha resistito adesso ce la può fare. Purché si punti all’estero, si capitalizzi e ci si aggreghi. Se questa è la strategia delle imprese, le banche sicuramente le affiancheranno”.
“Che la moda abbia subìto la crisi è fuori discussione – hanno replicato Luca Rinfreschi e Marco Gasparini, rispettivamente Presidente nazionale e regionale di Cna Federmoda -. Però è anche vero che spesso le banche hanno valutato le richieste di finanziamento delle imprese senza conoscere a fondo il valore dei progetti presentati dalle aziende, la storia dell’impresa e le caratteristiche dell’imprenditore. Ci si è affidati a rating impersonali che non hanno tenuto conto di criteri certamente difficili da ‘contabilizzare’ ma che poi sanno spiegare con precisione se una azienda è valida o meno”.

A tutti, dunque, è sembrato logico e necessario che per il futuro debba ripartire un nuovo dialogo tra banche e imprese della moda, Gasparini l’ha definito un “armistizio”, comunque un tavolo che prenda in analisi proposte utili ed efficaci. Come per esempio il rating di filiera, ovvero una valutazione che non valga solo per la singola impresa ma per tutte quelle che lavorano a stretto contatto. Un concetto che conferma quanto le piccole imprese della moda abbiano bisogno di presentarsi aggregate, superando anche il semplice concetto di rete, ma trovando modalità innovative per agire insieme tra loro e con le banche sui mercati soprattutto internazionali.

Capitalizzazioni, aggregazioni, filiere: strategie che Cna condivide pienamente, come ha confermato Marcella Contini, Responsabile politiche per il credito di Cna Emilia Romagna, e che si impegnerà a mettere concretamente in atto.

Perché mondo universitario, bancario, imprese e Cna di una cosa sono certi: che quella della moda “sia una gran bella industria”.