Sono negativi i segnali che si registrano tra le imprese, complici l’esaurimento della ripresa post covid e, soprattutto, la continua crescita dei tassi di interesse. È su quest’ultimo che si sofferma l’attenzione di CNA Modena, per le conseguenze che questa corsa al rialzo sta innescando anche sul nostro territorio. “Un aumento – rileva Francesco Stagi, segretario provinciale dell’Associazione – che comincia a non essere più giustificato dall’inflazione, in progressivo rallentamento, come dimostra la sua discesa dal 6,4% di giugno al 6% in Italia e dal 5,5% al 5,3% nell’Eurozona. Siamo tornati a tassi di riferimento di 15 anni fa, ma in una situazione molto più complessa e precaria di allora e con un sistema bancario che non ha certo i problemi patrimoniali del 2008”.

La politica delle banche centrali, BCE in testa, si sta riflettendo sempre più pesantemente non solo sui consumi, ma anche sugli investimenti, visto che tassi di interesse così elevati ostacolano l’accesso al nuovo credito.

Secondo l’ufficio studi di CNA Modena, le percentuali di aumento dei tassi di riferimento, stabilite gradualmente dalla BCE da giugno 2022, renderanno molto pesanti, in qualche caso in modo insostenibile, le rate dei mutui variabili (la grande maggioranza) già da questo mese.

Nei mutui trentennali “prima casa” si riscontrano aumenti delle rate sino al 60.2%, mentre nei mutui chirografari aziendali l’aumento delle rate che si è registrato va dal 33,1% sino al 51,5%.

La sospensione dei mutui (cosiddetta moratoria) che attualmente rappresenta la sola risposta utile al problema, in tutti casi costituisce un sovraccosto per privati ed imprese ed influenza negativamente la concessione di nuovo credito, a causa delle severe norme bancarie europee.

“In qualche caso – sottolinea Stagi – le imprese sono state costrette a richiedere finanziamenti per far fonte alle rate dei mutui e dei prestiti, una sorta di anatocismo mascherato che va ad esclusivo vantaggio degli istituti di credito, che, proprio in virtù di questa situazione, beneficiano di marginalità molto elevate. Non a caso, dal primo aumento dei tassi (giugno 2022) il valore azionario dei principali istituti di credito è aumentato significativamente, in media del 75%.

La situazione, dunque, è allarmante: “tassi di questo tipo non rallentano solo i consumi, ma iniziano a condizionare anche gli investimenti e le assunzioni: abbiamo aziende che hanno rinunciato a finanziamenti a fondo perduto perché non riescono ad attivare i progetti per i quali sono stati concessi. Questo è il segno tangibile di una politica monetaria che deve essere cambiata, finanche prevedendo una tassazione sugli extraprofitti delle banche che segua lo stesso schema di quella applicata nei mesi scorsi alle compagnie energetiche”.

“Di certo – conclude Stagi – il sistema economico è sottoposto a stress sempre più elevati: prima l’aumento dei costi delle materie prime, poi quello dell’energia, ora quello del denaro. E a pagare questo stress sono le imprese più piccole, quelle che hanno meno risorse, ma anche quelle che più di altre contribuiscono al benessere della nostra comunità. Non basta tutelare queste imprese con atti vuoti: servono interventi concreti per evitare un nuovo “credit crunch” che ha compresso la nostra economia negli anni seguenti il 2008, quando moltissimi privati e piccole imprese non riuscivano più a pagare le rate”.

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