Il decreto appena approvato dal Consiglio dei ministri (Decreto-Legge 16 febbraio 2023, n. 11) e già pubblicato in data odierna (17 febbraio) in Gazzetta Ufficiale, prevede uno stop immediato alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura per tutte le tipologie di bonus edilizi laddove non sia già stata presentata la Cilas (in ambito superbonus) oppure, per gli altri bonus, sia stato richiesto il titolo abilitativo, laddove previsto, o ancora, negli altri casi, aver iniziato i lavori prima dell’entrata in vigore del decreto.

Nelle tabelle sottostanti sono riportate schematicamente le condizioni per poter ancora optare per la “cessione del credito” o per lo “sconto in fattura” anche dopo il 17 febbraio, per tipologia di intervento:

 

Interventi agevolati con Superbonus (art. 119 del DL 34/2020)

Interventi realizzati da condomìni
  • delibera condominiale con approvazione lavori entro il 16 febbraio
  • CILA presentata entro il 16 febbraio
Interventi realizzati per altri immobili
  • CILA presentata entro il 16 febbraio
Interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici
  • Richiesta titolo abilitativo entro il 16 febbraio

 

 

Altri Interventi agevolati (ecobonus, sismabonus, bonus ristrutturazioni, bonus acquisti)

Interventi con titolo abilitativo
  • Richiesta titolo abilitativo entro il 16 febbraio
Interventi in “edilizia libera”
  • Lavori iniziati al 16 febbraio*
Bonus casa acquisti 50% (art. 16-bis comma 3 del TUIR – DPR 917/1986)
  • Contratto definitivo di compravendita stipulato al 16 febbraio

oppure

  • Contratto preliminare regolarmente registrato al 16 febbraio
Sismabonus acquisti (art. 16 comma 1-septies del DL 63/2013)
  • Contratto definitivo di compravendita stipulato al 16 febbraio

oppure

  • Contratto preliminare regolarmente registrato al 16 febbraio

*L’inizio lavori potrebbe essere attestato con una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (ai sensi del DPR 445/2000). È auspicabile, tuttavia, un pronunciamento ufficiale

Il decreto affronta anche il problema dei crediti “incagliati”, limitando in via normativa la responsabilità di chi acquista, nel tentativo di annullare la responsabilità solidale. Si blocca, tuttavia, la possibilità, molto ventilata nelle ultime settimane, di interventi da parte delle Pubbliche Amministrazioni (Regioni, Province, Comuni…) di poter acquistare i crediti fiscali, “liberando” i plafond delle banche nel tentativo di riattivare la circolazione dei crediti.

Questo in sintesi il contenuto del decreto approvato dal Consiglio dei ministri che, di fatto, assesta un durissimo colpo al sistema di incentivazione per la riqualificazione e messa in sicurezza del patrimonio immobiliare privato e aggrava il problema dei crediti incagliati.

La decisione del Governo anzitutto è grave sotto il profilo del metodo. Il decreto è stato approvato ignorando qualsiasi confronto con il sistema delle imprese che da tempo sollecitano un tavolo per superare la fase di profonda incertezza intorno ai meccanismi dei bonus generata dalle continue modifiche normative.

Un intervento, pertanto, che arriva in modo traumatico sul sistema della cessione dei crediti fiscali, senza alcuna distinzione tra le varie tipologie di incentivi (non solo i bonus edilizi) ma con l’unica evidenza di paralizzare qualsiasi operazione.

Il decreto del Governo rappresenta un elemento di rottura preoccupante per quanto riguarda le strategie e la gestione delle politiche economiche, producendo un impatto fortemente negativo sulle aspettative di crescita e sui livelli occupazionali, considerato che il mercato della riqualificazione e messa in sicurezza del patrimonio immobiliare ha rappresentato il principale contributo alla consistente ripresa nel biennio 2021-2022.

L’insieme dei bonus edilizi nei primi 10 mesi del 2022 ha attivato investimenti per un ammontare di oltre 74 miliardi, con un incremento del 224% sullo stesso periodo del 2019, ultimo anno senza il meccanismo della cessione del credito.

La scelta del Governo, pertanto, comporta la rinuncia a investimenti aggiuntivi privati per una cifra di oltre 50 miliardi annui. I riflessi dell’orientamento, incomprensibile, del Governo saranno una drastica riduzione dell’attività per tutta la filiera che conta circa 750mila imprese, quasi tutte micro e piccole.

Il provvedimento, inoltre, aprirà una stagione di contenziosi sui termini dell’applicazione delle nuove norme oltre ad acuire il livello di sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e della politica.

Vengono trascurati i grandi obiettivi della transizione: si rompe il percorso virtuoso avviato dal paese che avrebbe dovuto garantire una prospettiva di medio e lungo termine coerente con l’obiettivo di riqualificazione energetica degli immobili prevista della nuova direttiva casa che nei prossimi anni dovrebbe attivare interventi su circa 8 milioni di edifici.

Si blocca, altresì, la messa in sicurezza degli immobili rispetto a terremoti e alluvioni che colpiscono spesso l’Italia provocando la perdita di vite umane e danni materiali per decine di miliardi.

Il decreto, in definitiva, frena un mercato rilevante, aiuta il sistema bancario in termini di garanzie giuridiche, alleggerendo la responsabilità dei cessionari dei crediti, ma dimentica le 40 mila imprese che hanno crediti di imposta bloccati per oltre 8 miliardi di euro che non riescono a cedere.

Come già ricordato sopra, il provvedimento vieta anche le iniziative da parte di Regioni, Province e Comuni che si sono attivati per offrire un contributo all’emergenza dei crediti incagliati. Iniziative lodevoli che andrebbero spronate e che indicano la gravità della situazione sul territorio.

CNA chiede strumenti e soluzioni rapidi, che il Governo avrebbe già dovuto mettere in campo prima di gettare nel caos imprese e famiglie e allontanare il raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica. Al momento dall’esecutivo non sono pervenute indicazioni né strategie su come centrare gli ambiziosi obiettivi in termini di riduzione dei consumi energetici e di dipendenza dalle fonti fossili, che l’Italia ha sottoscritto e che da ultimo sono stati ulteriormente esplicitati con la direttiva europea sulla casa, in via di approvazione.

Non è realistico che le risorse e gli investimenti del PNRR possano sostituire il venir meno degli investimenti del settore privato. Si tratta di mercati diversi, così come diverse sono le imprese protagoniste.

Il decreto ha effetti anche sul piano socio-economico: con la cancellazione dell’opzione della cessione del credito sarà di fatto precluso l’accesso al sistema dei bonus alle fasce più deboli che non dispongono delle risorse finanziarie per avviare gli investimenti o la capienza per utilizzare i crediti di imposta. Una discriminazione che deve essere superata ripristinando il meccanismo o, in alternativa, individuando misure che siano effettivamente in grado di produrre gli stessi effetti.

In vista dell’incontro con le organizzazioni datoriali annunciato dal Governo per lunedì 20 febbraio, la CNA chiede l’immediata istituzione di un tavolo permanente per trovare soluzioni efficaci e condivise sul riordino del sistema degli incentivi. Senza risposte convincenti nell’incontro di lunedì si cercherà in accordo con altre Associazioni di stabilire azioni di protesta.