“Valutiamo in modo estremamente positivo l’apertura del sindaco di Spilamberto ad una possibile fusione dei comuni dell’Area Terra di Castelli”. Non si tratta di una novità, questa posizione di Rete Imprese Italia, che da tempo sottolinea l’opportunità di valutare concretamente iniziative come quelle che hanno portato alla costituzione del vicino Comune unico di Valsamoggia.
“Dopo più di dieci anni che in questo territorio si è costituita l’Unione dei Comuni, riteniamo maturi i tempi per un processo di riorganizzazione che realizzi gestioni più efficienti ed efficaci”, continua la nota delle quattro associazioni di Rete Imprese Italia, Cna, Lapam, Confesercenti e Confcommercio.
I vantaggi di una fusione sono evidenti, sia sulla base degli studi di fattibilità, sia rispetto alle esperienze sul campo: si pensi all’uniformità dei regolamenti (con una diminuzione della burocrazia), alla possibile unificazione dei sistemi informatici e delle banche dati, alla definizione di una pianta organica unica, con conseguenti risparmi e maggiore specializzazione del personale, alla maggior forza nella rappresentanza e negli investimenti.
E, se tutto ciò non dovesse bastare, ci sono gli innegabili vantaggi economici: i 10.000 euro messi a disposizione dalla regione per i progetti di fattibilità delle fusioni, altre tipologie di contributi, poi l’esenzione di due anni dal patto di stabilità (la regola per cui ai comuni viene chiesto di incassare di più di quanto spendono e di tenere i soldi fermi in banca), l’aumento di risorse disponibili (che possono arrivare al 10% annuo in più rispetto alla somma delle disponibilità delle singole amministrazioni). Infine, per legge, il nuovo comune avrebbe la precedenza sui bandi per i finanziamenti erogati dalla Regione. Il Comune di Valsamoggia, ad esempio, ha potuto contare su finanziamenti straordinari di 705.000 mila euro annui per dieci anni, e sono evidenti le possibili ricadute per la comunità, ad esempio in termini di riduzione d’imposte, di potenziamento di investimenti, di mantenimento dei servizi.
Ma secondo Rete Imprese Italia le fusioni non dovrebbero rappresentare un’opzione soltanto economica. “Si sente dire spesso che le imprese devono aggregarsi per crescere, per competere. Crediamo che la stessa cosa debbano farla i territori. Insomma, a nostro avviso l’istituto del comune unico rappresenterebbe un plusvalore per le nostre comunità.”.
Le esperienze positive non mancano. “A una manciata di chilometri da qui – continua la nota di rete Imprese – cinque amministrazioni bolognesi hanno dato vita al comune di Valsamoggia e pare non essere successo nulla di tremendo:, sono stati efficientati i servizi e sono aumentate le risorse economiche a disposizione delle istituzioni, e ognuna delle cinque realtà coinvolte nella fusione ha mantenuto la stessa identità. Anzi, proprio la maggior disponibilità economica di cui disporrebbe il comune unico di valorizzare più di quanto avvenga singolarmente le peculiarità dei singoli centri che ne facessero parte. Ma la fusione potrebbe essere una risposta al problematico rapporto tra cittadino e Unione dei Comuni, che tende ad essere limitato a una mera fruizione dei servizi, con ben poca informazione e conoscenza. Del resto, gli stessi comuni che ne fanno parte spesso interpretano l’unione come un’organizzazione funzionale di secondo livello al loro servizio e non come ente sostitutivo del loro ruolo e della loro titolarità.
Oggi gli spazi di crescita e d’investimento dei nostri comuni sono molto pochi, anche a causa dei tagli lineari operati dall’amministrazione centrale, ma esistono comunque paradossi “locali” che i cittadini, gli imprenditori, non capiscono e non riescono a spiegarsi: tariffe diverse a distanza di pochissimi chilometri, servizi in alcuni casi conferiti all’Unione, in altri erogati individualmente, regolamenti differenti, con conseguenti complicazioni per chi lavora in diversi comuni.
“I processi di fusione avviati in Emilia Romagna coinvolgono circa il 9% degli enti di questa Regione. Crediamo – conclude rete Imprese – che sia giunto il tempo di superare incomprensibili ed obsoleti veti politici per entrare in questo progetto di riordino amministrativo del Paese prima che questo venga determinato da ragioni esclusivamente finanziarie. Per farne, in poche parole, un atto voluto e non dovuto. Cna, Lapam, Confesercenti e Confcommercio sono disponibili a dare il proprio contributo in una discussione finalizzata anche a quella necessaria attività informativa imprescindibile per il superamento di diffidenze, localismi e campanilismi identitari”.