Il dibattito sulle nuove case a Modena sembra aver preso un’unica direzione: nuove costruzioni sì, oppure nuove costruzioni no. Secondo CNA, questa non è la strada giusta per cercare una soluzione condivisa ad uno sviluppo sostenibile della città e della Provincia.
Occorre prima valutare il problema, poi le soluzioni praticabili. E un problema c’è, innegabilmente: la scarsità sul mercato di edifici residenziali in edilizia convenzionata, quelle che una volta erano le aree Peep, che permettono l’accesso ad un bene primario come la casa anche a chi non ha grandi possibilità economiche, e che in passato lo hanno permesso anche a tanti di coloro che ora sollevano dubbi sull’opportunità di nuove costruzioni.
“Negli ultimi due decenni – sottolinea Alberto Papotti, Segretario di CNA Modena – la città si è sviluppata urbanisticamente molto meno rispetto all’incremento demografico delle nuove famiglie. Migliaia di persone, spesso le giovani coppie di modenesi hanno preferito, o dovuto, trasferirsi in comuni limitrofi dove lo sviluppo urbanistico è stato molto elevato e la disponibilità di alloggi a prezzi più accessibili era maggiore. Ma a quale prezzo ciò è avvenuto? Lo sa bene chi da fuori Modena deve entrare in città tutte le mattine e rientrare tutte le sera dal lavoro: traffico congestionato, inquinamento, tempo perso e qualità della vita che diminuisce”.
Secondo l’Associazione, corre anche l’obbligo di sottolineare un’ovvietà che in molti fanno finta di non considerare: ristrutturare è più costoso che costruire ex novo, e non sempre i privati (perché sempre in regime di proprietà privata si opera) sono disponibili a farlo, per i notevoli costi e disagi da sostenere e anche a fronte di leggi che non tutelano a sufficienza chi eventualmente affitta il proprio appartamento che possono rendere poco appetibile l’investimento. E’ sicuramente vero che a Modena ci sono migliaia di appartamenti che risultano sfitti, ma buona parte di questi sono fatiscenti e non abitabili, altri sono nella disponibilità di proprietari che ne riservano l’utilizzo futuro a figli e nipoti, altri ancora appartengano a persone residenti altrove che li usano saltuariamente. Basta percorrere la città o rivolgersi alle agenzie immobiliari per rendersi conto che gli alloggi rispondenti alle più nuove normative antisismiche, per il contenimento energetico e della rumorosità, sul mercato sono veramente pochi.
“Crediamo – osserva Papotti – che sia necessario affrontare i problemi dello sviluppo residenziale della città senza alzare barricate, ma trovando insieme le soluzioni accettabili per tutti: che tutelino i “diritti” di chi cerca casa a Modena, quelli dei proprietari privati, quelli dei cittadini che chiedono una città più verde, ma anche quelli delle imprese di costruzioni che, rispettando le normative, hanno la necessità di creare opportunità di lavoro per le proprie maestranze e a ricaduta su tutto il sistema produttivo. A queste imprese non si possono cambiare le regole in corso d’opera, tenuto conto che hanno acquistato aree che, in base al piano regolatore vigente, non erano agricole ma destinate all’edificazione. Tra le altre cose, pagando anche imposte, in questi anni. E’ allora necessario tenere conto di tutti gli attori coinvolti, senza lasciarsi trascinare in crociate ideologiche, che possono nascondere anche interessi non propriamente “nobili” che portano solo all’immobilismo. Va inoltre tenuto conto del fatto che, giustamente, si chiede di non inserire nel nuovo PSC nuove aree edificabili, perciò quelle attualmente previste dovranno soddisfare le esigenze della città per i prossimi 15 o 20 anni e non si può pensare di ingessare la città per un periodo così lungo”.