Non sono solo le famose siringhe dai prezzi che cambiano a seconda di quale ospedale le compra. «In Italia il mercato delle siringhe vale appena lo 0,2% della spesa sanitaria, ma il loro prezzo sembra essere diventato la causa di tutti i mali della sanità italiana». Stefano Rimondi, presidente di Assobiomedica, non ci sta, come tutte le imprese del biomedicale made in Italy, un’ eccellenza che col suo polo di Mirandola è anche un’ invidia per tutta Europa. Un settore che sta soffrendo nel grande freddo della crisi economica. Lo dicono i dati sfornati ieri da Assobiomedica in occasione della presentazione a Roma del «Rapporto 2014»: cresce l’ export con 660 milioni (+12,5% dal 2011 al 2013), tiene la produzione con 6,9 miliardi (+1,4%), ma calano pesantemente il mercato interno con 8,9 miliardi (-6,1%), la domanda pubblica (6,5 miliardi a -6,5%) e quella privata (2,37 miliardi a -5,1%), come la redditività e l’ occupazione.
Una crisi nei fatti, con un servizio sanitario pubblico che deve fare di necessità virtù: risparmiare sempre e comunque, anche a discapito della qualità e di qualsiasi sana e legittima aspirazione di spending review in una politica degli acquisti pubblici sulle montagne russe, a seconda della regione e della asl o ospedale che acquista. Di qui la contestazione di Rimondi contro lo “slogan della siringa”. La verità, ha detto ieri il presidente di Assobiomedica, è che «le differenze di prezzo tra gli enti del Ssn, riflettono diverse condizioni di fattura: quantità e durata, servizi accessori e periodi d’ acquisto, consegne in emergenza e urgenza». Come dire che fare confronti tra i listini d’ acquisto da parte del Ssn non è operazione facile, e neppure sempre possibile. «I nostri ospedali si vanno impoverendo per i continui tagli e la conseguente riduzione della qualità dei servizi», ha aggiunto, trovando conferma nell’ intervento del coordinatore del Tribunale dei diritti del malato, Tonino Aceti. Il titolo del convegno di ieri a Roma, del resto, è eloquente: «Oltre la siringa. Dispositivi medici: solo costi o più salute?».
Più salute, ovviamente, è la risposta esplicita data nelle conclusioni del «Rapporto 2014».Dove il calo della domanda pubblica – un totale di -11% negli ultimi quattro anni – è la fotografia insieme di una sanità pubblica che risparmia e che deve necessariamente farlo, ma che insieme agli sprechi butta via anche la qualità e la bontà dei servizi. Il classico bambinello gettato via con l’ acqua sporca.
I fondamentali del settore, del resto, la dicono lunga. Ben 3.025 imprese, di cui 985 a ciclo completo (manifattura e commerciale) con 54mila addetti (in calo, però come gli investimenti in R&S), undicesimo nel ranking di un mercato mondiale che vale 406 miliardi. Industria di eccellenza, quella made in Italy, che vanta 255 start-up con 55% spin off della ricerca pubblica, il 33% con meno di due anni di vita. Segno di una ricerca giovane che punta sull’ innovazione di prodotto.
Mentre le politiche pubbliche vanno in altre direzioni, non «oltre la siringa».
Fonte: ilsole24ore
ROBERTO TURNO