Dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti non potranno più effettuare il pagamento in contanti della retribuzione/corrispettivo maturato, direttamente ai lavoratori impiegati attraverso un rapporto di lavoro dipendente o di Co.co.co., pena l’applicazione di una specifica sanzione amministrativa pecuniaria.
Il pagamento dovrà invece avvenire attraverso strumenti tracciabili, secondo le modalità che passiamo ad illustrare.

1) Nuovi obblighi per i datori di lavoro
I datori di lavoro o committenti, devono corrispondere la retribuzione od il corrispettivo maturato, indipendentemente dall’importo o dal periodo al quale quest’ultimo si riferisce, attraverso una banca o un ufficio postale, con uno dei seguenti mezzi:

  • bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
  • strumenti di pagamento elettronico;
  • pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  • emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.

Queste modalità di pagamento si applicano anche in caso in cui il datore di lavoro/committente debba corrispondere un anticipo della retribuzione/corrispettivo maturato.
I datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia di rapporto di lavoro instaurato tra quelli soggetti all’obbligo, come di seguito specificato.

1.1) Obblighi dei lavoratori
Non è previsto che i lavoratori interessati debbano aprire specifici conti correnti bancari o postali, od altri strumenti particolari, al fine di consentire al proprio datore di lavoro/committente di effettuare i pagamenti secondo le modalità descritte. Il legislatore ha infatti introdotto una serie di modalità di pagamento che dovrebbero consentire al lavoratore di percepire in ogni caso le somme spettanti. Tra queste, come si è visto al punto precedente, anche il pagamento in contanti, purché il denaro non sia corrisposto direttamente dal datore di lavoro ma tramite di uno sportello bancario/postale, al quale lo stesso datore di lavoro/committente ha conferito il mandato di pagamento.

2) Rapporti di lavoro interessati
I nuovi obblighi di pagamento riguardano la retribuzione ed i corrispettivi maturati nell’ambito dei seguenti rapporti di lavoro:

  • subordinato (art.2094 c.c.), indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione (es. tempo pieno, part time, a chiamata, apprendistato, smart working, etc.), e dalla durata del rapporto (quindi sia a tempo indeterminato che determinato);
  • di collaborazione coordinata continuativa;
  • contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci (L. n.142/2001). Si rammenta in proposito che tali rapporti possono essere sia di natura subordinata che autonoma, comprese le Co.co.co.. Sono esclusi solo i compensi sportivi. A questo proposito occorre attendere l’apposita delibera del CONI, non ancora emanata. Nel frattempo, per i pagamenti effettuati a tali soggetti si applica la normativa sull’antiriciclaggio che consente l’utilizzo del contante solo per operazioni di importo inferiore a 1.000 euro (999 euro).

Per espressa previsione normativa, restano invece esclusi dall’applicazione dei nuovi obblighi di pagamento i rapporti di lavoro:

  • instaurati dalle Pubbliche amministrazioni, quali ad esempio gli Enti locali, le Comunità montane, ecc.;
  • domestico, rientranti nell’ambito di applicazione sia della disciplina generale di cui alla legge 2 aprile 1958, n.339, sia dei contratti collettivi nazionali per gli addetti ai servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Secondo l’INL, devono altresì ritenersi esclusi dall’applicazione dei nuovi obblighi, in quanto non richiamati dalla norma in esame, i compensi derivanti da:

  • borse di studio;
  • tirocini;
  • rapporti autonomi di natura occasionale.

Anche se l’INL non ne fa menzione, si può ritenere che siano esclusi anche i “rimborsi spese”, purché adeguatamente rendicontati, in quanto non riconducibili al concetto di “retribuzione”. Ciò detto, in attesa di chiarimenti, anche per tali somme è consigliabile applicare le nuove regole per la tracciabilità.

3) Prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione
La norma prevede espressamente che “La firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione”, ma ha solo la mera finalità di assolvere all’obbligo di consegna del cedolino stesso, cui i datori sono soggetti al momento della corresponsione della retribuzione.
Come si vedrà successivamente nella parte inerente la contestazione degli illeciti, lo stesso INL ritiene che gli organi di vigilanza dovranno verificare non soltanto che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento utilizzando gli strumenti previsti ma che il pagamento sia anche andato a buon fine.

4) Obblighi di registrazione sul LUL, retribuzioni variabili e fringe benefit
La disposizione non modifica in alcun modo gli obblighi di registrazioni vigenti in materia di LUL. Ciò in riferimento anche alle retribuzioni variabili ed ai fringe benefit, nelle varie forme possibili. La determinazione dei valori validi ai fini previdenziali/fiscali dovrà avvenire secondo le consuete modalità mentre il pagamento delle somme eventualmente maturate dal lavoratore e liquidate a decorrere dal 1° luglio 2018, dovrà invece avvenire nel rispetto dei nuovi obblighi di tracciabilità.

5) Violazioni e contestazioni degli illeciti
Secondo l’Ispettorato Nazionale del lavoro, in considerazione del tenore letterale e della finalità della norma, la violazione degli obblighi in esame si configura:

  • quando la corresponsione delle somme avvenga con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore;
  • nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei predetti sistemi di pagamento, il versamento delle somme dovute non sia realmente effettuato, ad esempio, nel caso in cui il bonifico bancario in favore del lavoratore venga successivamente revocato, oppure che l’assegno emesso venga annullato prima dell’incasso; circostanze che evidenziano uno scopo elusivo del datore di lavoro che mina la stessa ratio della disposizione.

Quindi, per della contestazione dell’eventuale illecito, gli organi di vigilanza dovranno verificare non soltanto che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento utilizzando gli strumenti previsti, ma che lo stesso sia andato a buon fine.
Al datore di lavoro o committente inadempiente, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
Con riferimento alla contestazione dell’illecito al trasgressore, si applicano le disposizioni di Legge, ad eccezione del potere di diffida trattandosi di illecito non materialmente sanabile. Ne consegue che la sanzione sarà determinata nella misura ridotta per un importo minimo applicabile pari ad euro 1.667, da versare sul codice tributo 741T.
Va infine ricordato che avverso il verbale di contestazione e notificazione adottato dal personale ispettivo è possibile:

    • presentare ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, entro trenta giorni dalla sua notifica.
    • presentare, entro il medesimo termine, scritti difensivi all’Autorità che riceve il rapporto ai sensi dell’art. 18 della L. n. 689/1981.