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L’ascensore sociale al contrario. Il ceto medio diventa classe operaia

L’ ascensore sociale funziona al contrario ora il ceto medio si sente classe operaia. La percezione della crisi è ancora molto forte, gli italiani non si fidano più del futuro. I dati si sono rovesciati rispetto al 2008: oltre la metà della popolazione si colloca tra i ceti popolari. La considerazione è del sociologo Ilvo Diamanti: la società italiana scivola verso il basso. Non è tanto e solo l’andamento dei redditi e del mercato del lavoro, a rivelarlo, ma anche la “percezione” di chi la crisi la vive. Una percezione che ha modificato sensibilmente il modo di guardare la realtà intorno a noi e di rappresentare, anzitutto, noi stessi. E’ come se in Italia l’ascensore sociale si fosse bloccato, e più che aspettarsi una ripartenza, la maggioranza fosse impegnata quanto meno a frenare la caduta.

Ma la percezione delle cose e di noi stessi è difficile da modificare. Molto più della realtà stessa. Perché ci vuole tempo prima di “credere” che il lavoro e il reddito abbiano ripreso a crescere. E che, di conseguenza, si possa guardare di nuovo il futuro con minore pessimismo del passato. Anche per questo, malgrado i segnali positivi che arrivano dalle statistiche macroeconomiche, i consumi, continuano a stagnare. Perché gli italiani non si fidano. Del futuro. Del “proprio” futuro, e preferiscono risparmiare, piuttosto che consumare. Di certo, è finita l’epoca della “cetomedizzazione”: la società italiana si sta “operaizzando“. Oltre la metà degli italiani, per la precisione: il 52%, si colloca nei “ceti popolari” o nella “classe operaia“. Mentre il 42% si sente “ceto medio“. Nel 2006, dunque: poco meno di dieci anni fa, il rapporto fra queste posizioni – e visioni – risultava rovesciato. Il 53% degli italiani si definiva “ceto medio” e il 40% classe operaia (o “popolare”). Nel 2008, mentre la crisi incombeva, peraltro, le posizioni apparivano più vicine. Ma il ceto medio, in Italia, prevaleva ancora, seppur di poco, sulla classe operaia: 48 a 45%. Questa tendenza ha investito un po’ tutte le professioni e tutte le categorie, coinvolgendo anche altre figure, catalogate, tradizionalmente, nella “piccola borghesia”, in particolare, i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori. Ancora nel 2008, il 60% di essi si sentiva “ceto medio”, il 34%, poco più di metà, classe operaia.
Oggi, però, questa distanza si è sensibilmente ridotta. Perché il 40% dei lavoratori autonomi e in-dipendenti si sente “classe operaia”. Il 54% ceto medio. Anche il ceto medio impiegatizio si è operaizzato, mentre i liberi professionisti continuano a proporre un’auto- rappresentazione più resistente alla crisi.

La “discesa sociale” degli italiani negli ultimi dieci anni, quindi, appare evidente nella percezione sociale, ancor più che negli indici economici e di reddito, spiegando le paure e l’incertezza che inquietano queste componenti della popolazione. Così, in Italia avanza una società “operaia” che vive con una certa preoccupazione e un certo risentimento questa condizione.

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