La rapida evoluzione tecnologica e commerciale che ha contraddistinto il settore del cosiddetto vending, e in particolare la distribuzione del caffè e delle relative macchine, non è stata affiancata da un adeguamento altrettanto veloce delle norme in materia.
Questo ha dato luogo a difformi interpretazioni e ad altrettanto difformi comportamenti degli operatori, in particolare per quanto riguarda l’applicazione del corretto regime Iva.
Da un chiarimento della DRE dell’Emilia Romagna, sembrerebbe che, per l’applicazione del regime più conveniente (Iva al 10%) risulterebbe ininfluente la presenza di un semplice contratto di comodato per le macchine, anche se accompagnato dall’obbligo del cliente di rifornirsi delle cialde dall’impresa che fornisce tali macchine in comodato, e ciò in quanto la vendita di cialde si configurerebbe, comunque, come una cessione di beni (che consiste in una obbligazione di “dare”) e non, invece, come una prestazione di servizi (che consiste in una obbligazione di “fare”), quale è la somministrazione di alimenti e bevande.
Pertanto, in un’ottica finalizzata alla gestione di un eventuale contenzioso, stiamo valutando gli elementi che potrebbero consentire (o perlomeno aiutare) di superare questa presunzione (di mera cessione di beni e quindi soggetta ad un Iva del 22%), in favore di una prestazione di un servizio (nell’ottica si sostenere l’applicabilità dell’iva agevolata). In tal senso, ad esempio, si potrebbe ipotizzare l’utilizzo di un contratto di somministrazione di bevande (e quindi non semplicemente di un contratto di comodato avente ad oggetto il godimento della sola macchinetta) da fare sottoscrivere ai clienti, contratto in cui gli elementi dell’obbligazione di” fare” (tipici delle prestazioni di servizio) risultino prevalenti rispetto a quelli dell’obbligazione di “dare” (ovvero un contratto di somministrazione che preveda sì l’obbligo del cliente di rifornirsi delle cialde dall’impresa, ma anche e soprattutto la concessione in comodato della relativa macchinetta, l’obbligo del fornitore di provvedere alla pulizia e alla manutenzione della macchinetta stessa, l’obbligo sempre per il fornitore di stipulare una assicurazione per gli eventuali danni cagionati dalla macchinetta, ecc.).
Ciò potrebbe consentire, forse, di sostenere che il contratto in questione non è configurabile come “vendita” di cialde (ovvero cessione di beni che impone l’applicazione dell’iva piena) ma come somministrazione di bevande (ovvero come prestazione di un servizio nell’ambito del quale la fornitura delle cialde costituisca solo uno di una serie di elementi che caratterizzano il rapporto contrattuale tra le parti).
Risulta poi evidente che la “tenuta” di tale impostazione nell’ambito degli accertamenti effettuati dall’amministrazione finanziaria non sia affatto scontata, e quindi non si può escludere che la stessa debba essere portata al vaglio della competente commissione Tributaria laddove necessario. In altre parole, in caso di contenzioso non è detto che questa interpretazione si riveli di per se sola e sufficiente per una decisione favorevole alle imprese.
In ogni caso, ASSOGEPI-CNA ha predisposto un contratto tipo che vuole appunto rispondere alle caratteristiche di un accordo di somministrazione di bevande, eventualmente utilizzabile (e modificabile) dalle imprese del settore, al fine di cercare di procurarsi un qualche elemento di difesa in più, nel caso in cui la singola impresa decida di applicare l’iva agevolata al 10% alla fornitura di cialde in questione.
Il contratto tipo è richiedibile dagli associati CNA a Chesi Roberto direttamente alla seguente mail: assogepi@mo.cna.it .