La via del ritorno a un ritmo convincente di crescita nel mondo passa per la spesa nelle infrastrutture e questa – è la conclusione di uno studio di PricewaterhouseCoopers sostenuto da una ricerca di Oxford Economics – ha iniziato a lasciarsi alle spalle la crisi finanziaria alle spalle e, nei prossimi dieci anni, sembra avviata a crescere in modo significativo. L’analisi dei 49 Paesi da cui origina il 90% della produzione globale offre queste cifre: nel 2025 il mondo sarà arrivato a spendere ogni anno più di 9.000 miliardi di dollari nei cinque settori chiave delle infrastrutture: estrazione di materie prime, utilities, manifattura, trasporti e servizi sociali. In tutto un investimento da 78mila miliardi, la parte del leone in mano al mercato Asia-Pacifico, trainato dalla crescita cinese.
Abbastanza per scatenare quella che un secondo studio, a cura dell’Institute for Emerging Market Studies della Moscow School of Management Skolkovo, chiama «la nuova corsa all’oro delle infrastrutture». Concentrandosi sui Paesi emergenti maggiormente popolati, l’analisi aiuta a definire le dimensioni del fenomeno pensando ai 350 milioni di individui che nasceranno nei prossimi anni, andando ad alimentare la domanda di acqua, energia, comunicazioni e trasporti, tutto quanto occorrerà loro per lavorare. Tornano di moda ponti, centrali elettriche, strade e fognature, servizi da ammodernare o da costruire da zero.
Per le imprese direttamente o indirettamente coinvolte in questo mondo, e per gli investitori chiamati a finanziare il boom, entrambi gli studi si propongono come guida all’interno di un mercato in costante trasformazione, indicando i motori e le differenze nel cambiamento, le opportunità nei Paesi meno scontati, la partnership pubblico/privato, le attese. Dove c’è più bisogno di loro? «Non possiamo pensare che il mondo sia lo stesso di cinque anni fa – spiega, citato da PwC, Juan Bejar, ad della spagnola Fomento de Construcciones y Contratas (costruzioni e servizi ambientali) -. Oggi è incredibilmente diverso, anche rispetto a cinque settimane o cinque mesi fa. La spirale del cambiamento sta accelerando».
Le infrastrutture, fisiche e digitali, sono le fondamenta di un’attività economica che produce e distribuisce beni, dati, valute, viaggiatori in giro per il mondo, in un baleno da Cleveland a Chongqing, scrive PwC. La ripresa del mercato delle infrastrutture avrà ritmi diversi, accelerata in Asia, più lenta nell’Europa occidentale, dove negli ultimi quattro anni gli investimenti pubblici in trasporti, edilizia o istruzione hanno fatto le spese dell’austerità imposta dalla crisi. Ora la svolta è chiamata a rispondere a esigenze differenti, determinate dai cambiamenti demografici nei diversi mondi e dall’aumento dei redditi e della qualità della vita: più scuole in Africa e nel Medio Oriente, più strutture per anziani in Europa o in Giappone, dove più si fa sentire l’invecchiamento della popolazione.
Al centro del boom del mercato, un’urbanizzazione inarrestabile: 1,5 milioni di persone che si aggiungono ogni settimana alla popolazione globale urbana, secondo l’Onu. Metropoli gigantesche con necessità di uguale misura. Il governo indonesiano, ricorda lo studio di Skolkovo come esempio della sfida che abbiamo di fronte, deve costruire ogni anno una città delle dimensioni di Roma per dare una casa ai 2,5 milioni di nuovi nati ogni anno. All’India serve ogni anno una nuova Mumbai, e così alle autorità messicane. Per non parlare della Cina, chiamata a costruire ogni anno città come Bangkok.
Per sostenere il fenomeno, spiega Richard Abadie, responsabile Capital projects and infrastructure per PwC, i Paesi emergenti saranno chiamati a costruire intorno l'”ambiente” necessario, un mix di fattori economici, sociali, ambientali. «Alcuni – scrive Abadie – dovranno creare un clima più favorevole agli investimenti, alle imprese di progettazione e costruzione, superando ostacoli quali una regolamentazione imprevedibile, ritardi burocratici, ostacoli alla conquista dei diritti di proprietà sui terreni».
L’effetto moltiplicatore della spesa in infrastrutture su crescita e creazione di posti di lavoro viene calcolato così dal World Economic Forum: ogni dollaro speso genera un ritorno economico tra il 5 e il 25%. La nascita di una città va comunque ben oltre la sua costruzione: così, lo studio di Skolkovo si sofferma a considerare la vastità del mondo coinvolto in questa spirale di cambiamento che chiama a sé anche i capitali privati disposti a finanziarlo accanto alle risorse pubbliche gravate, però, dai carichi del debito, soprattutto nelle economie avanzate.
Fonte: ilsole24ore.com