L’Africa, si dice sempre più spesso, è il continente del futuro e qui vanno concentrati gli investimenti. Ma, a sorpresa, la migliore base per investire in Africa non è nel continente stesso. È in Turchia. Parola degli esperti di Frost & Sullivan. Dimenticate le promesse, solo in parte mantenute, del Sudafrica: non c’è niente di meglio di Istanbul per raggiungere tutto il continente nero, dalle coste mediterranee fino al Capo di Buona Speranza. Non è un caso che la Fca, la settimana scorsa, abbia scelto proprio la città sul Bosforo per presentare la nuova Fiat AEgea, destinata appunto, e non a caso, al mercato Emea (Europa, Medio Oriente e Africa).

Sono già molte le multinazionali che hanno scelto la Turchia come quartier generale di ceto manageriale, ma spesso anche logistico, per l’Africa: da Istanbul, per esempio, Coca Cola gestisce le operazioni in Asia e in Africa, Intel spedisce 22 milioni di computer e Microsoft organizza le operazioni in 79 Paesi. Poi ci sono Ericsson, 3M, Unilever, Basf, Ge Healthcare; Sanofi ha addirittura spostato a Istanbul il suo headquarter orientale che prima era a Dubai. Stanno arrivando qui persino i big dell’Estremo oriente: come la giapponese Hitachi, o la cinese Huawei.

A chi la sceglie, la Turchia offre diversi vantaggi: «Il primo è che Turkish Airlines, la compagnia di bandiera, è la prima linea al mondo per numero di collegamenti con le capitali africane – spiega Philipp Reuter, direttore Sud Europa e Turchia di Frost & Sullivan -inoltre un hub in Sudafrica copre solo la parte sub-sahariana del continente, mentre da Istanbul si raggiunge meglio anche il Nordafrica. Senza contare che la forza lavoro, in Turchia, è più allineata agli standard internazionali e i lavoratori parlano generalmente tre lingue». Un quartier generale in Turchia, inoltre, può essere utilizzato anche per altre regioni strategiche, come il Medio Oriente e anche l’Iran, una volta che il Paese sarà definitivamente aperto alle relazioni economiche internazionali. Il che rende Ankara altamente competitiva sia nei confronti del Cairo (che le fa concorrenza come ingresso strategico per il Nordafrica) sia di Dubai (porta del Medio Oriente con il più i vantaggi del tax free). Il ruolo logistico della Turchia è sotto gli occhi di tutti. Già oggi dai principali porti del Paese transitano merci per oltre 6,6 milioni di Teu, ma ci si aspetta che entro il 2025 questa cifra sia destinata a quadruplicare.

L’export della Turchia verso l’Africa oggi vale 13 miliardi di dollari: soltanto otto anni fa ne valeva 4,5. Ma già nel 2010 il presidente turco Abdullah Gul era consapevole delle potenzialità del continente: nel corso della sua visita di stato in Congo e Camerun, aveva annunciato di voler raggiungere presto i 30 miliardi di dollari di scambi commerciali tra l’Africa e il suo Paese. «Verso la sola Libia – ricorda Reuter – Ankara esporta oltre 2 miliardi di dollari: tre volte più della Germania e quattro volte più degli Stati Uniti. Mentre la somma delle esportazioni turche verso Algeria, Tunisia, Marocco e Libia è superiore a quella degli Usa verso gli stessi Paesi».

La politica estera del governo turco dimostra l’intenzione del Paese di posizionarsi sullo scacchiere mondiale come hub affidabile per il continente africano. Ma se c’è un settore dal quale è cominciato tutto, questo è il comparto delle costruzioni, dove la Turchia è ormai riconosciuta tra i leader mondiali: quinto produttore al mondo di cemento, quinto anche di marmo, e ben primo produttore mondiale di barre rinforzate (fonte: Frost & Sullivan). In Marocco, ad esempio, gli investimenti turchi nell’edilizia e nelle infrastrutture hanno ormai raggiunto gli 1,4 miliardi di dollari.

Fonte: Il sole 24 ore