La Corte Costituzionale ha deciso che il bonus Poletti sulle perequazioni pensionistiche è legittimo. La Consulta ha respinto le censure di incostituzionalità sollevate, ritenendo che la norma «realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica». La questione concernente la perequazione dei trattamenti pensionistici è stata ereditata dalla riforma Fornero, oggetto già di un ricorso che nel 2015 ha portato a un rimborso, il cosiddetto “bonus Poletti”. Una misura considerata parziale dai ricorrenti, che lamentano penalizzazioni per «sei milioni di pensionati». Ne è seguito un appello bis sui cui oggi la Corte Costituzionale si è pronunciata.
Evitate pesanti ricadute sui conti pubblici
La Consulta ha valutato la legittimità del decreto legge 65/2015 con cui il Governo ha riconosciuto in minima parte quanto non pagato ai pensionati per effetto del blocco della perequazione nel biennio 2012-2013. La decisione avrebbe potuto avere pesanti ricadute sui conti pubblici in quanto in ballo c’erano oltre di 21 miliardi di euro.
Il “Salva Italia” e il blocco della rivalutazione delle pensioni per 2012-2013
La questione trae origine dal cosiddetto decreto legge “Salva Italia” che, per mettere in sicurezza i conti pubblici a fine 2011, bloccò per il biennio 2012-2013 la rivalutazione delle pensioni, salvando la perequazione solo per gli assegni di importo massimo non superiore a 1.404 euro lordi, cioè 3 volte il trattamento minimo. Con la sentenza 70/2015, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima questa disposizione, determinando però un problema per i conti pubblici, dato che il riconoscimento a posteriori del mancato adeguamento all’inflazione era stato stimato in 24 miliardi di euro.
Il nuovo meccanismo di perequazione introdotto nel 2017
Il Governo, quindi, corse ai ripari nella primavera di due anni fa, varando il decreto legge 65/2017 con cui è stata introdotto un nuovo meccanismo di perequazione riferito al biennio 2012-2013 che ha stabilito la perequazione al 100% per assegni fino a 3 volte il minimo; del 40% tra 3 e 4; del 20% tra 4 e 5; del 10% tra 5 e 6; nullo per importi oltre sei volte il minimo. La conseguenza è stata una “spesa” per lo Stato di soli 2,8 miliardi di euro contro i 24 stimati.
Il comunicato: «Legittimo il bonus sulle perequazioni»
La Corte costituzionale – si legge nel comunicato diffuso dalla Corte al termine dalla camera di consiglio, che si è aperta questa mattina alle 9.30 – ha respinto le censure di incostituzionalità del decreto-legge n. 65 del 2015 in tema di perequazione delle pensioni, che ha inteso «dare attuazione ai principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015». La Corte ha ritenuto che – diversamente dalle disposizioni del “Salva Italia” annullate nel 2015 con tale sentenza – la nuova e temporanea disciplina prevista dal decreto-legge n. 65 del 2015 realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica.
Il no all’incostituzionalità del decreto-legge 65 del 2015, che ha limitato la rivalutazione delle pensioni sino a 3 volte il minimo per fasce di reddito, mette una pietra tombale sulle speculazioni e le false interpretazioni che hanno agitato in questi due anni il mondo dei pensionati italiani.
A sostenerlo è la Cna Pensionati e il Patronato Epasa-Itaco che sin dal primo momento hanno con forza, scoraggiato la presentazione di ricorsi o l’utilizzo di procedure improbabili, come le lettere dirette all’Inps, per chiedere allo Stato la rivalutazione totale degli assegni pensionistici.
“La sentenza della Consulta corrisponde – chiarisce Valter Marani Direttore del Patronato Epasa–Itaco cittadini e imprese – alla valutazione che demmo subito dopo aver effettuato un serio approfondimento giuridico sul decreto, che ci ha permesso di evitare che gli assistiti accorsi ai nostri sportelli, cadessero vittime di chi speculava sul problema. Il nostro compito – conclude – è dare risposte basate sulle norme dello Stato, non illudere le persone”.
Posizione, questa, ribadita da Cna Pensionati.
“Stiamo dalla parte dei pensionati italiani anche quando ci sono cose apparentemente difficili da spiegare” – commenta Maria Beatrice Tragni, segretario nazionale di Cna Pensionati. “Cavalcare l’onda o mistificare la realtà, promettendo aumenti delle pensioni è un comportamento che non ci appartiene.
CNA Pensionati ha lottato per salvaguardare i pensionati più deboli dal blocco delle rivalutazioni e abbiamo raggiunto il migliore risultato compatibile con il mantenimento degli equilibri del bilancio pubblico.”