Il Decreto-legge n.4 del 27 gennaio 2022 reintroduce nell’ordinamento dei contratti pubblici una disciplina organica della revisione-prezzi. Per mezzo di tale decreto viene superata l’impostazione propria del D.Lgs. n. 50/2016, che contemplava la revisione dei prezzi come una mera possibilità senza, oltretutto, prevederne una disciplina specifica. Grazie alle modifiche introdotte da tale intervento legislativo, per i contratti che temporalmente rientrano nel suo ambito applicativo la revisione dei prezzi deve essere necessariamente prevista nei documenti di gara. La ratio di questo cambio di indirizzo risiede nell’esigenza di fronteggiare le ricadute economiche negative causate dall’emergenza Covid, congiuntamente alla necessità di incentivare gli investimenti pubblici. L’intenzione del legislatore è quindi quella di reintrodurre un meccanismo volto a mantenere l’equilibrio contrattuale dell’appalto, al fine di spergiurare rilevanti difficoltà in fase esecutiva.

A quali contratti si applica la nuova disciplina?

La nuova disciplina contenuta all’articolo 29 si applica a tutti i contratti pubblici relativi a procedure di affidamento avviate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, ossia a partire dal 27 gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2023. Nell’ipotesi di procedura assistita da pubblicità si tiene in considerazione la data di pubblicazione del bando e dell’avviso; per le altre procedure, invece, rileva la data d’invio delle lettere di invito a formulare offerta.

La revisione-prezzi vale per tutti i contratti pubblici, siano essi lavori, servizi e forniture. Sul punto, tuttavia, è necessario fare alcune precisazioni. Nel caso di contratti di appalto di forniture e servizi, infatti, l’introduzione della clausola di revisione prezzi pur essendo obbligatoria è rimessa nella definizione delle relative modalità di funzionamento alla discrezionalità della stazione appaltante. Nel caso degli appalti di lavori, invece, la disciplina è interamente dettata dal legislatore. Tutte le norme contenute nei commi 2 e seguenti dell’articolo 29 si riferiscono, infatti, esclusivamente agli appalti di lavori.

Come opera la revisione dei prezzi?

La revisione dei prezzi opera solo se le variazioni di prezzo dei singoli materiali da costruzione, in aumento o in diminuzione, siano superiori al 5% rispetto ai prezzi rilevati nell’anno di presentazione dell’offerta. Se la soglia del 5% viene superata, la compensazione opera per l’80% di tale eccedenza. Vediamo un esempio concreto: se il costo di un singolo materiale è aumentato dell’8%, all’appaltatore spetterà l’80% del 3%.

Sono esclusi dalla compensazione i lavori contabilizzati nell’anno solare di presentazione dell’offerta.

Come saranno in concreto determinate le variazioni dei prezzi?

La nuova metodologia di rilevazione delle variazioni dei prezzi sarà pronta entro 90 giorni; essa è attesa, pertanto, entro il 28 marzo e prevederà il coinvolgimento dell’Istat e del Mims.

Come si ottiene la compensazione?

L’appaltatore è tenuto a presentare alla stazione appaltante l’istanza di compensazione, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta dei decreti Mims con la determinazione delle variazioni subite dai prezzi dei materiali edili (Vd. Sopra). A questo punto spetterà poi al direttore dei lavori verificare l’eventuale effettiva maggiore onerosità subita dall’esecutore, provata da quest’ultimo con adeguata documentazione, ivi compresa la dichiarazione di fornitori o subcontraenti o con altri idonei mezzi di prova.

Quali fondi saranno utilizzati?

Per le compensazioni si possono utilizzare le somme appositamente accantonate per imprevisti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel quadro economico di ogni intervento, in misura non inferiore all’1% del totale dell’importo dei lavori, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, nonché le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento nei limiti della relativa autorizzazione annuale di spesa.

Possono poi essere usate anche le somme derivanti dai ribassi d’asta, sempre che non ne sia prevista una diversa destinazione, nonché le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza dei soggetti aggiudicatori per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi ed emanati i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle procedure contabili della spesa. In caso di mancanza di risorse, il governo mette in campo il fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche, inaugurato dal primo Decreto semplificazioni. La dotazione di tale fondo è già aumentata di 40 milioni per quest’anno e poi di 30 milioni all’anno per il 2023 ed il 2024.

 

L’Ufficio Appalti Pubblici è a disposizione per informazioni, chiarimenti ed assistenza nella predisposizione delle eventuali pratiche:

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