Seimila bandi pubblicati dal 2018 al 2021 passati al setaccio dalla pubblicazione all’assegnazione per misurare il peso su di esse della burocrazia e tutte quelle circostanze che di fatto limitano fortemente la partecipazione delle piccole imprese. Si tratta di uno studio di CNA che ha evidenziato una situazione che definire tragica non è esagerato: in sei anni, dal 2016 ad oggi, sino sono registrate 813 modifiche – una ogni due giorni e mezzo – al codice degli appalti, sui cui incidono peraltro 45 decreti ministeriali. Il risultato? Che 36.000 stazioni appaltanti in Italia si comportano diversamente e che solo il 18% dei bandi prevede quella suddivisione in lotti che faciliterebbe la partecipazione delle imprese del territorio. E non è finita qui: sono appena tre su 10 le stazioni appaltanti che garantiscono la piena trasparenza delle informazioni di gara, mentre due su cinque non pubblicano alcun dato sull’esito della gara stessa. Poi una chicca: l’Ufficio Studi di CNA è riuscito ad individuare bandi con 150 allegati!

L’attenzione dell’Associazione si è poi soffermata su alcune categorie di bandi in particolare: alloggi popolari, strade e ciclabili, edifici scolastici, vale a dire gare con una forte prevalenza territoriale.

La situazione più grave emerge nel caso degli alloggi popolari, dove solo un bando su 10 viene suddiviso in lotti e in 3 casi su 4 senza motivare questa mancata suddivisione. Sono appena il 30% le gare nelle quali la documentazione viene diffusa secondo la legge, mentre in due casi su cinque – il 40% – non vengono nemmeno diffuse informazioni sull’esito dell’appalto. La suddivisione in lotti è più frequente – si fa per dire, visto che ci fermiamo comunque al 20% dei casi – negli appalti riguardanti ciclabili e edifici scolastici. Ma anche in queste casistiche non manco le aberrazioni burocratiche: in tre appalti su dieci l’offerta viene ancora richiesta in forma cartacea, in qualche caso con la richiesta di 130 allegati. E solo nel 3% delle gare si trovano clausole di territorialità a tutela delle imprese locali.

“La fotografia che scaturisce impietosa da questa analisi – commenta Francesco Stagi, segretario provinciale di CNA Modena – è quella di un sistema lacunoso, ingiusto e permeabile a influenze tutt’altro che benvenute”.

L’analisi ha coinvolto anche la Provincia, il Comune di Modena e diverse unioni comunali, con risultati tutto sommato positivi: le stazioni modenesi, infatti, più di alte ricorrono alle modalità telematiche, mentre segnano il passo le suddivisioni in lotti.

“Sul piano locale si possono ancora individuare azioni in grado di facilitare la partecipazione delle piccole imprese. A Ferrara, ad esempio, è stata costituita una piattaforma telematica, utilizzata dal comune locale per le assegnazioni sottosoglia, al quale possono iscriversi le imprese, ma i veri interventi risolutivi devono essere adottati a livello strutturale”, commenta Stagi.

A cominciare da quei correttivi che possono appunto facilitare l’accesso delle microimprese agli appalti in modo da sfruttare al massimo il loro potenziale per la creazione di posti di lavoro, la crescita, l’innovazione e lo sviluppo dei territori.

“Potrebbe essere utili allo scopo criteri di aggiudicazione di carattere premiale come la clausola di territorialità, un criterio ammesso anche dalla Ue. In questo ambito il Comune ha cercato di fare la sua parte richiedendo all’appaltatore, in una gara per il rifacimento di nidi ed edifici comunali, per tutta la durata dell’appalto, almeno una sede operativa in provincia”.

Ancor più facile, secondo l’Associazione, procedere con un’immediata semplificazione ed organizzazione della materia per sanare le più evidenti criticità:  la complessità nell’applicazione della disciplina, la difformità di comportamento delle stazioni appaltanti, la mancanza di trasparenza nella pubblicazione di alcuni dati relativi alle gare, lo scarso utilizzo della suddivisione in lotti degli appalti (specialmente quelli di importo elevato) e la mancanza di proporzionalità delle regole, il più delle volte “a taglia unica”. Una considerazione su tutte: non vi è alcuna differenza in termini di oneri, tranne che per l’ammontare della garanzia, tra bandi di 150.000 euro e bandi di 5 milioni!

“Riteniamo – continua Stagi – che l’accesso al mercato delle piccole imprese vada salvaguardato con l’introduzione di misure di preferenza nelle procedure di gara. Nello specifico, laddove non sia possibile

suddividere i bandi, va introdotto un meccanismo automatico di riserva di una quota dell’appalto in favore delle piccole imprese, in modo da farle comunque partecipare alle gare per un ammontare consono ai loro fatturati”.

Per garantire la maggiore tutela del principio di concorrenza, la proposta è di istituire nelle stazioni appaltanti la figura nuova dell’ambasciatore delle piccole imprese, un modello mutuato dall’esperienza statunitense. Oppure, come accade in Lituania, prevedere un ufficio degli appalti pubblici che analizzi i bandi prima della loro pubblicazione. Ancora, superare le criticità che attualmente penalizzano i consorzi per promuovere la crescita delle piccole imprese.

“Di certo, questa situazione ha come risultato ultimo quello di complicare il meccanismo di assegnazione degli appalti pubblici, aprendo il fianco a ricorsi che rallentano ulteriormente l’esecuzione delle opere. Occorre intervenire subito per cogliere appieno e tempestivamente le opportunità offerte dal Pnrr”, conclude il segretario di CNA Modena.

 

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