Il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la legge che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina le convivenze di fatto.
L’unione civile è costituita da due persone maggiorenni dello stesso sesso che rendono specifica dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile, acquisendo in questo modo diritti simili a quelli dei coniugi.
Le disposizioni previste per i «conviventi di fatto» riguardano invece due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.
Scopo della presente circolare è quello di evidenziare gli aspetti salienti di tale normativa e le ricadute che si può presumere produrrà sui rapporti di lavoro dipendente, in attesa dell’emanazione di specifiche indicazioni da parte degli enti interessati.

1) UNIONI CIVILI TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO
La finalità della norma è di estendere alle coppie omosessuali la quasi totalità dei diritti e dei doveri previsti per il matrimonio. Ai sensi di quanto disposto dall’art.1, “Due persone maggiorenni dello stesso sesso costituiscono un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni”. L’unione civile tra persone dello stesso sesso è certificata dal relativo documento attestante la costituzione dell’unione, che deve contenere:

  • i dati anagrafici delle parti
  • l’indicazione del loro regime patrimoniale e della loro residenza
  • i dati anagrafici e la residenza dei testimoni.

1.1) Diritti e doveri
Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni. Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato. Il regime patrimoniale dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, in mancanza di diversa convenzione patrimoniale, è costituito dalla comunione dei beni.

1.2) Scioglimento e cessazione
La morte o la dichiarazione di morte presunta di una delle parti dell’unione civile ne determina lo scioglimento. In caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità sostitutiva del preavviso (art.2118 c.c.) e il Trattamento di fine rapporto (art.2120 c.c.) devono corrispondersi anche alla parte dell’unione civile.
In caso invece di cessazione dell’unione, le parti hanno diritto all’eredità e al mantenimento. La separazione avviene davanti all’ufficiale di stato civile, quando le parti ne manifestano la volontà (anche disgiunta).

2) CONVIVENTI DI FATTO
La regolamentazione che segue, si applica ai “conviventi di fatto”, intendendosi per tali due persone (indipendentemente dal loro sesso), maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. Si tratta pertanto di quelle situazioni già ampiamente diffuse di convivenza “more uxorio”, alle quali vengono riconosciute per legge specifiche tutele assimilabili solo in minima parte a quelle previste per i coniugi e le unioni civili tra persone dello stesso sesso. In presenza di questi presupposti, per l’accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di costituzione di una nuova famiglia o convivenza anagrafica che deve essere resa all’ufficio anagrafe. L’esistenza di tale condizione può quindi essere attestata dal certificato di stato di famiglia, rilasciato dall’ufficio anagrafe. Per “famiglia anagrafica” si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune

2.1) Diritti e doveri
In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari.
Ciascun convivente può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati:

  1. in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute
  2. in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.
    La designazione va effettuata in forma scritta e autografa oppure, in caso di impossibilità di redigerla, alla presenza di un testimone.

2.2) Diritti di abitazione
Salvo quanto previsto in materia di assegnazione della casa familiare in presenza di figli, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Se nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.
Questo diritto viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.
Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.

2.3) Altri diritti del convivente
Il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, qualora l’altra parte sia dichiarata interdetta o inabilitata ai sensi delle norme vigenti ovvero ricorrano i presupposti per la nomina di un amministratore di sostegno. Nell’individuazione del danno risarcibile alla parte superstite in caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, si applicano i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite.

2.4) Contratto di convivenza
I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza. Questo contratto, le sue modifiche e la sua risoluzione sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato. Il contratto, che reca l’indicazione dell’indirizzo indicato da ciascuna parte al quale sono effettuate le comunicazioni inerenti al contratto medesimo, può contenere:

2.5) Cessazione della convivenza di fatto
In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente e gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. In tali casi, gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell’articolo 438, secondo comma, del codice civile.

3) RICADUTE SUI RAPPORTI DI LAVORO
Dalle indicazioni di carattere generale esposte, si può desumere che solo le “unioni civili” tra persone dello stesso sesso comportano la variazione dello stato civile dei membri della coppia, in quanto uniti civilmente.
Con la convivenza di fatto i soggetti interessati non mutano invece il proprio stato civile, ciò nonostante, la norma attribuisce loro specifici diritti. Le ricadute ipotizzabili sui rapporti di lavoro sono quindi diverse in relazione al tipo di unione costituita tra le parti.

3.1) Unioni civili tra persone dello stesso sesso
L’unione civile tra persone dello stesso sesso è certificata dal relativo documento attestante la costituzione dell’unione, rilasciato dall’ufficiale di stato civile. Ai fini dell’accertamento dell’esistenza dell’unione ed il riconoscimento delle prestazioni spettanti, il datore di lavoro potrà quindi chiedere ai lavoratori interessati di presentare tale certificato, se richiesto dalla relativa disciplina.

Si può asserire che la coppia che stipula l’unione civile possa vantare i diritti previsti in materia di lavoro per i coniugi. Di seguito si riporta una prima elencazione, certamente non esaustiva, di questi diritti, in attesa di futuri interventi chiarificatori:

  • fruizione del congedo matrimoniale, con relativa indennità economica nei casi previsti;
  • divieto di licenziamento per causa di matrimonio, dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, a un anno dopo la celebrazione, con conseguente necessità di convalida presso la DTL delle eventuali dimissioni rese durante tale periodo. In merito al riconoscimento di detta tutela anche alle unioni tra uomini è necessaria una conferma poiché si tratta di una disposizione posta a tutela delle sole donne;
  • indennità previste dagli artt.2118 (indennità sostitutiva del preavviso) e 2120 (trattamento di fine rapporto) del c.c., in caso di morte del prestatore di lavoro, da corrispondersi al partner dell’unione civile;
  • in caso di scioglimento dell’unione civile, diritto del partner titolare dell’assegno di mantenimento a percepire il 40% del TFR maturato dall’altra parte, in caso di cessazione del rapporto di lavoro;
  • assegni per il nucleo familiare, in quanto nucleo familiare composto dalla coppia unita civilmente;
  • rendita INAIL in caso di morte del lavoratore per infortunio sul lavoro nonché pensione indiretta o di reversibilità in caso di morte del pensionato o del lavoratore assicurato;
  • permesso di 3 giorni per gravi motivi familiari che può essere concesso in caso di decesso o di comprovata grave infermità del coniuge;
  • tre giorni di permesso per assistere il coniuge con handicap in situazione di gravità;
  • congedo straordinario della durata massima di due anni, per assistere il coniuge con handicap in situazioni di gravità accertata;
  • facoltà di revocare il consenso alle clausole elastiche e diritto di trasformare il rapporto a part time per assistere il partner affetto da patologie oncologiche;
  • non concorrenza a formare il reddito dei compensi corrisposti dall’imprenditore/altra parte dell’unione civile; tali compensi non possono essere dedotti dal reddito dell’imprenditore;
  • detrazioni fiscali previste per il coniuge a carico;
  • agevolazioni e benefici previsti dal welfare aziendale: considerando che queste norme richiamano i familiari indicati nell’art.12 Tuir, si può dedurre la possibilità di estendere al partner di una coppia unita tramite unione civile, anche se non fiscalmente a carico, le agevolazioni in tema di servizi di istruzione, ricreazione, assistenza sociale o sanitaria, che fino a ieri erano riservate al coniuge;
  • benefici regolamentati nei contratti collettivi di lavoro (es. permessi aggiuntivi).

3.2) Convivenza di fatto
Le tutele previste dal nostro ordinamento in materia di lavoro riconoscibili anche alle convivenze di fatto sono diverse e molto più limitate riaspetto a quelle previste sia al punto precedente, sia per le copie eterosessuali che contraggono matrimonio. Per quanto concerne i diritti riconoscibili in materia di lavoro, si può ritenere che il lavoratore dipendente possa usufruire dei seguenti istituti:

  • tre giorni di permesso previsti in caso di decesso o grave infermità di un familiare, di cui all’art.4 della L. n.53/2000, qualora il soggetto che si viene a trovare in tale situazione sia il convivente. Il regolamento di attuazione di tale dispositivo ha infatti previsto che rientra nella definizione di “familiare” anche il “soggetto componente la famiglia anagrafica della lavoratrice o del lavoratore medesimi”.
    Come già evidenziato al punto 2) della presente, la “famiglia anagrafica” è infatti costituita da “un insieme di persone legate da vincolo di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune”.

L’esistenza della “famiglia anagrafica” viene attestata dal certificato di stato di famiglia, rilasciato dall’ufficio anagrafe;

  • tre giorni di permesso mensili per assistere una persona portatore di handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado. Con sentenza n.213 del 23 settembre 2016, la Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.33.c.3, della legge n.104/92, nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado.