Il Consiglio dei Ministri, il 2 luglio 2018, ha approvato un decreto legge che introduce misure urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese. Il provvedimento non risulta ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, pertanto non è ancora in vigore. Lo sarà dal giorno successivo alla data di pubblicazione, e dovrà essere convertito in Legge entro 60 giorni. E’ probabile che in sede di conversione in Legge saranno apportate modifiche.

Il provvedimento mira, in particolare, a limitare l’utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche per le agenzia di somministrazione, favorendo i rapporti a tempo indeterminato, a salvaguardare i livelli occupazionali e contrastare la delocalizzazione delle aziende che abbiano ottenuto aiuti dallo Stato per impiantare, ampliare e sostenere le proprie attività economiche in Italia.

Ecco una prima analisi del provvedimento, che però, nella sua stesura originale, presenta alcuni elementi incongruenti, che non consentono, in alcuni casi, di darne una lettura certa.

Peraltro, alcune agenzie di somministrazione stanno inviando alle imprese una informativa, nella quale, alla luce delle novità propongono soluzioni per superare quanto previsto dal decreto.

Rispetto a ciò, al momento, riteniamo non opportuno fornire consigli e soluzioni alle imprese, anche in relazione alla mancanza di chiarimenti di cui si dispone attualmente.

Argomento Contenuto della norma
Titolo I

 

Misure per il contrasto del precariato
Articolo 1

Contratto a termine

(modifiche al D.lgs. n. 81/2015)

La durata del contratto a termine – prima delle modifiche in esame prevista in misura non superiore a 36 mesi – è ridotta in misura:

  • non superiore a 12 mesi;
  • non superiore a 24 mesi ma solo in presenza di almeno una delle condizioni previste dalla legge.

Le condizioni, in particolare, sono le seguenti:

a) «esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività per esigenze sostitutive di altri lavoratori»;

b) «esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria».

Fatta eccezione per il contratto a termine di durata non superiore a 12 mesi, l’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto. Il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle esigenze di cui alle lettere a) e b) sopra indicate. L’atto scritto, in caso di rinnovo, deve contenere la specificazione di tali esigenze.

Il contratto a termine può essere prorogato liberamente senza necessità di apporre specifiche “causali” – ossia le esigenze di cui alle lettere a) e b) sopra indicate – nei primi 12 mesi.

Il contratto a termine può essere, invece, prorogato solo in presenza delle esigenze indicate alle lettere a) e b) se, per effetto della proroga, il termine complessivo eccede i 12 mesi.

Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 24 mesi – anziché 36 come in precedenza previsto – e, comunque, per un massimo di 4 volte – anziché 5 come in precedenza previsto – nell’arco di 24 mesi.

Qualora il numero delle proroghe sia superiore a 4, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.

Il termine entro il quale è ammessa l’impugnazione del contratto a tempo determinato aumenta da 120 a 180 giorni decorrenti dalla cessazione del singolo contratto.

Le modifiche legislative esposte si applicano esclusivamente ai contratti a termine stipulati successivamente all’entrata in vigore del Decreto legge in commento (ossia dal giorno successivo alla pubblicazione dello stesso in Gazzetta ufficiale), con eccezione della parte riferita  ai rinnovi e alle proroghe che si applica invece anche ai  contratti in corso a tale data.

Articolo 2

Somministrazione di lavoro

(modifiche al D.lgs. n. 81/2015)

La disciplina del contratto a termine prevista dal D.lgs. n. 81/2015 capo III, come modificata dal Decreto legge in oggetto, deve applicarsi anche al rapporto di lavoro a tempo determinato stipulato tra somministratore e lavoratore.

A titolo esemplificativo, trovano applicazione le regole in merito alla durata massima, al numero di proroghe e alle “causali” – ossia le esigenze di cui alle lettere a) e b) sopra indicate – richieste in caso di durata contrattuale superiore a 12 mesi e rinnovo del contratto a termine.

La decorrenza, quindi, delle modifiche normative è la medesima sopra esposta per il contratto a termine.

Non sono applicabili al contratto di somministrazione a tempo determinato esclusivamente gli articoli 23 «Numero complessivo di contratti a tempo determinato» e 24 «Diritti di precedenza» di cui al Capo III, D.lgs. n. 81/2015.

Articolo 3

Indennità di licenziamento ingiustificato

L’indennità risarcitoria corrisposta al lavoratore in conseguenza di un licenziamento ingiustificato è modificata nella misura non inferiore a 6 mensilità – anziché 4 in precedenza previste – e non superiore a 36 mensilità – anziché 24 in precedenza previste.

Quindi, qualora non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione utile ai fini del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità.

Articolo 3

Incremento contributo addizionale di NASpI

Il contributo addizionale a carico del datore di lavoro in misura pari all’1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali applicato ai contratti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato è incrementato.

In particolare, è previsto l’aumento dello 0,50% per ciascun rinnovo del contratto a termine anche in somministrazione. La norma fa riferimento letterale al rinnovo e nulla dispone in merito alla proroga.

Titolo II Misure per il contrasto alla delocalizzazione e la salvaguardia dei livelli occupazionali
Articolo 4

Decadenza dagli Aiuti di Stato agli investimenti per le imprese che delocalizzano

 

Vengono ridefiniti divieti e sanzioni in capo alle imprese che, avendo ottenuto agevolazioni nello spettro della disciplina sugli aiuti di Stato, decidano di spostarsi all’estero. “Delocalizzazione”: il trasferimento di un’attività economica, in tutto o in parte, dal sito produttivo incentivato ad altro sito da parte della medesima impresa beneficiaria dell’aiuto o di altra impresa a questa legata in virtù di un rapporto di controllo o collegamento. I nuovi vincoli possono essere così sintetizzati:

Imprese beneficiarie di 1) aiuti di Stato che prevedano l’effettuazione di investimenti produttivi 2) aiuti di Stato che prevedano l’effettuazione di investimenti produttivi specificamente localizzati (eccetto i casi regolati al punto 1)
Fonti sovranazio-nali inderogabili Trattati internazionali Discipline comunitarie in materia di aiuti di Stato e di utilizzo dei fondi strutturali UE
Destinazione della delocalizza-zione in Paesi extra-UE dal sito incentivato in favore di unità produttive situate al di fuori dell’ambito territoriale del predetto sito, in ambito sia nazionale sia europeo
Tempistiche della delocalizza-zione entro cinque anni dalla conclusione dell’iniziativa agevolata entro cinque anni dalla data di conclusione dell’iniziativa o del completamento dell’investimento agevolato
Decadenza dal beneficio
Sanzione (da 2 a 4 volte il beneficio) no

In caso di decadenza, l’impresa deve restituire gli incentivi comprensivi di specifici interessi, calcolati al Tasso Ufficiale di Riferimento alla data di erogazione o fruizione dell’aiuto maggiorato del 5% (ad oggi il TUR è pari allo 0%). Tali importi vengono riassegnati alle Amministrazioni titolari dell’agevolazione restituita e vanno ad incrementare le disponibilità della misura stessa.

Le amministrazioni che istituiscono e gestiscono misure di aiuto, in relazione ai benefici di loro competenza, sono tenute a definire i tempi e le modalità per il controllo del rispetto dei predetti vincoli alla delocalizzazione, nonché per la restituzione dei benefici fruiti in caso di accertamento della decadenza.

Articolo 5

Decadenza dagli Aiuti di Stato per le imprese che riducono i livelli occupazionali

 

Le nuove regole applicate in relazione agli aiuti di Stato legati all’incremento della forza occupazionale (generalmente determinato in relazione alle Unità Lavoro Annue – ULA), sono così schematizzabili:

La riduzione interessa La riduzione avviene: Riduzione del livello occupazionale Deca-denza dal bene-ficio
l’unità produttiva o l’attività interessata dal beneficio nei cinque anni successivi alla data di completamento dell’investi-mento, per motivazioni diverse dal giustificato motivo oggettivo al massimo del 10% No
oltre il 10%, ma non oltre il 50% sì (in maniera propor-zionale)
oltre il 50% sì (totale)

In caso di decadenza, l’impresa deve restituire gli incentivi (rispettivamente, in proporzione alla riduzione del livello occupazionale o integralmente) maggiorati degli interessi.

I predetti interessi devono essere calcolati al Tasso Ufficiale di Riferimento alla data di erogazione o fruizione dell’aiuto maggiorato del 5% (ad oggi il TUR è pari allo 0%). Questi importi vengono riassegnati alle Amministrazioni titolari dell’agevolazione restituita e vanno ad incrementare le disponibilità della misura stessa.

Le amministrazioni che istituiscono e gestiscono misure di aiuto, in relazione ai benefici di loro competenza, sono tenute a definire i tempi e le modalità per il controllo del rispetto dei predetti vincoli alla riduzione del livello occupazionale, nonché per la restituzione dei benefici fruiti in caso di accertamento della decadenza.

Le nuove regole si applicano ai benefici concessi successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Articolo 12

Entrata in vigore

Il decreto entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.